venerdì, giugno 29, 2007

Misteri e storie di Venezia...

La festa del Bocòlo...2

Sempre sulla Tradizione di donare un bocciolo di rosa il giorno di San Marco alla propria bella: vi avevo detto che di storie ce n`erano due!
Secondo l`altra leggenda la tradizione del bocolo discende invece dal roseto che nasceva accanto la tomba dell`Evangelista. Il roseto sarebbe stato donato a un marinaio della Giudecca di nome Basilio quale premio per la sua grande collaborazione nella trafugazione delle spoglie del Santo.
Preso e piantato nel giardino della sua casa il roseto alla morte di Basilio divenne il confine della proprietà suddivisa tra i due figli. Avvenne in seguito una rottura dell`armonia tra i due rami della famiglia (fatto che sempre secondo le narrazioni fu causa anche di un omicidio), e la pianta smise di fiorire.
Un 25 aprile di molti anni dopo nacque amore a prima vista tra una fanciulla discendente da uno dei due rami e un giovane dell`altro ramo familiare. I due giovani si innamorarono guardandosi attraverso il roseto che separava i due orti.
Il roseto accompagnò lo sbocciare dell`amore tra parti nemiche coprendosi di boccoli rossi, e il giovane cogliendone uno lo donò alla fanciulla.
In ricordo di questo amore a lieto fine, che avrebbe restituito la pace tra le due famiglie, i veneziani offrono ancor oggi il boccolo rosso alla propria amata.


PS: si dice che in parte questa storia sia servita al Bardo William Shakespeare per partorire i suoi Romeo e Giulietta

giovedì, giugno 21, 2007

Misteri e Storie di Venezia

Il Bocòlo di San Marco


Il 25 aprile a Venezia si festeggia San Marco, ossia il patrono della città. E' una festa solenne e molto sentita dai veneziani. In questa data è uso che le fidanzate in particolare e le spose ricevano dall’uomo amato l’omaggio di una rosa (“bocolo” in dialetto) di colore rosso ardente.

E’ una tradizione radicata in città che si rifà a due leggende. Una in particolare è una romantica storia d’amore e di morte che si ricollega al ciclo carolingio dell'Orlando. Questa versione è di origine sicuramente popolare, perché non suffragata da alcun puntello storico.

Vuole questa tradizione che l’usanza abbia avuto origine dallo sfortunato amore di una nobildonna Maria Partecipazio, figlia di un patrizio veneto (o addirittura di un Doge), soprannominata Vulcana, per un trovatore di nome Tancredi. Tra i due giovani l’amore è contrastato per la diversità di casta. Per superare l’ ostacolo che impedisce le nozze, Vulcana trova un espediente: convince Tancredi a partire per la guerra che l’Imperatore Carlo Magno combatte contro i Mori di Spagna.
Il giovane si distingue per il suo valore e la fama delle sue imprese giunge anche a Venezia; tuttosembra volgere al meglio, ma uno sfortunato giorno, durante una battaglia, Tancredi è ferito a morte e cade sopra un roseto che si tinge di rosso con il suo sangue. Prima di morire egli coglie un boccolo e prega Orlando di portarlo alla sua amata a Venezia. Il paladino di Carlo, fedele alla sua promessa fatta al moribondo, parte ed arriva nella Serenissima la veglia del giorno di S.Marco e consegna il fatale pegno d’amore a Vulcana che lo riceve senza lacrime, impassibile.

La sera, la fanciulla, si ritira nelle sue stanze. La mattina seguente, trovano Vulcana mortacon il bocciolo rosso posato sul cuore. Da quel giorno, prosegue la leggenda, il “bocolo” simbolo dell’ amore che sta per aprirsi alla vita, viene offerto dagli uomini veneziani alle loro amate.

domenica, giugno 17, 2007

Misteri e Storie di Venezia

Palazzo Mastelli e la storia dei 3 fratelli






In Campo dei Mori, Sestiere di Canareggio, c'è Palazzo Mastelli. E' facilmente riconoscibile da un bassorilievo di un cammello sulla facciata che dà verso Madonna dell'Orto.




In quel Palazzo vivevano 3 fratelli che nel lontano 1100 giunsero a Venezia dalla Morea (si suppone una regione vicina all'attuale Peloponneso), e per quello li chiamavano Mori.



I 3 fratelli erano abili mercanti di stoffe preziose ed aprirono la loro bottega alla base del Palazzo. Rioba, Afani e Sandi -così si chiamavano- erano tanto portati per gli affari che i veneziani cominciarono a chiamarli "Mastei" (ovvero "secchi", ad indicare i catini che essi sapevano riempir di monete ad ogni affare)... da qui il loro "cognome" popolare: Mastelli, che die' nome al Palazzo.






La leggenda narra che non fossero tra i commercianti più onesti e una donna rimasta vedova volle metter alla prova la loro onestà. Ella si recò dai tre fratelli chiedendo loro delle stoffe nobili per rimodernar il proprio negozio appena ereditato dal defunto marito. Era sera ed il garzone di bottega se n'era già andato.
I 3 fratelli, credendo la donna una sprovveduta e fiutando l'affare, cercarono di rifilarle stoffe di infima qualità a prezzi da broccato. Tuttavia Lei che era assolutamente pratica di sete e mercanzie del genere si accorse immediatamente della proponenda truffa.



Racconta la leggenda che la donna li maledì, pronunciando il nome di Dio e mettendo nelle loro mani delle monete.



Come i tre mercanti toccarono le monete, queste divennero di pietra e, poco dopo, medesima sorte toccò a loro stessi.






L'indomani mattina, a Campo dei Mori, il garzone trovò la bottega aperta, dei tre fratelli nemmeno l'ombra ma solo tre statue di pietra che somigliavano in tremenda maniera a Rioba, Afani e Sandi

venerdì, giugno 08, 2007

Misteri e Storie della Laguna





Il fondo dei 7 morti



E' una zona della laguna un poco più a nord di Chioggia, vicino alla riva. Il nome, assolutamente poco felice, deriva da una leggenda risalente alle epoche in cui il lavoro in mare, per i pescatori di Chioggia e Venezia, era tanto necessario quanto pericoloso.
La storia narra di 7 uomini, sette pescatori, che erano a bordo del loro bragozzo ormai da ore, intenti a lanciar le reti a mare e a ritirarle a bordo gonfie d'acqua e di pesci. Sudore, muscoli tesi e sguardi resi duri dal lavoro e dalla fatica.Ad un tratto, la rete si fa pesante: è segno che si è pescato finalmente qualcosa di degno. I volti bruciati dal sole si tendono lievi al sorriso, dopo tutto quel tempo...




OOoooissa! Oooooissa! e pian piano, con gran forza di braccia, issano le reti pesanti... ma il sorriso si spegne subito: impigliato tra le maglie c'è il corpo di un annegato. Non è la prima volta che si ritrovano a pescare il cadavere di qualche povero sventurato e, quindi, la cosa non li turba molto, se non fosse che, superstiziosi, lo prendono come rpesagio di sventura: non si liberano subito del corpo, ma lo appoggiano dentro il bragozzo, vicino all'albero.
Cominciano di nuovo a darsi da fare con le reti, i 7 uomini, ma è un attimo e il cielo si scurisce, comincia a soffiare il vento e a mugolare il tuono. In breve lampi sinistri cominciano a illuminare il cielo dell'imbrunire, fino allo sfogarsi della bufera. La piccola barca beccheggia tra le onde schiumanti ed è solo per l'abilità dei 7 che non si rovescia.La tempesta si placa quando la piccola imbarcazione raggiunge l'imboccatura di una valle da pesca e, nell'oscurità, s'intravede il lume di un casòn*, dove si supponeva si sarebbe trovato cibo e ristoro.



Invece, nel casòn, in quel momento c'è solo un ragazzino, tale Zanetto che, orfano, era stato abbandonato lì dai suoi padroni. Zanetto è in quel casòn già da qualche giorno, lui e il suo cane, in balìa di se stesso, pieno di fame, di fredo e di paura. Quando vede entrare i 7 pescatori, Zanetto si leva dal suo piccolo giaciglio, tutto speranzoso... ma la speranza dura poco quando vede i visi truci di quei 7, per i quali Zanetto sembra non esistere. Entrano, accendono un fuoco, mettono a bollire dell'acqua per far della polenta con la poca farina raccimolata. In tutto ciò nemmeno rivolgono la parola a Zanetto. La polenta è pronta: i 7 la rovesciano direttamente sul tavolo e cominciano a spartirsi il pasto fumante, mentre Zanetto dal suo angolo, stringendo il cagnolino, li guarda zitto e tremante, con l'acquolina in bocca.



Ma poi al fame fa trovar a Zanetto il coraggio. S'avvicina al tavolo e chiede d'aver una fetta di polenta. All'inizio i 7 non lo badano nemmeno, poi, quando Zanetto tenta d'allungar la mano sul tavolo, uno gli afferra il polso e gli dice: "Fermo lì, se vuoi guadagnarti la tua fett, vai in barca e chiama il nostro compagno che s'è addormentato!"
Zanetto corre fuori come un pazzo, tra le risate grasse di scherno dei 7 uomini e le loro gran pacche sulle spalle.Zanetto arriva in barca, vicino all'albero e trova l'uomo che sembra dormire del sonno dei giusti: lo squote, ma nulla. Allora torna dentro e racconta ai 7 che l'altro non ha intenzione di svegliarsi e supplicandoli di dargli qualcosa da mangiare che sta morendo di fame. Niente da fare: ancora gli dicono che deve svegliare quello in barca o nulla.
Zanetto torna in barca, scuote l'uomo, piange e supplica: "Vi prego, vi scongiuro, signore, svegliatevi! Se non venite dentro con me i vostri amici non mi daranno niente da mangiare e io sto morendo di fame!"Ed ecco che il morto volta la testa, apre gli occhi, guarda con tenerezza il ragazzo e si alza. "Va bene, entriamo -dice- fa strada tu"



Zanetto si avvia al casòn, varca la soglia e i 7 lo guardando beffardi: "E allora?" e Zanetto risponde: " Sta arrivando, adesso viene!"Gli uomini scoppiano a ridere d'un colpo solo. Ma quando alle spalle del ragazzo appare il morto, il riso di colpo muore e le facce si fanno terree. Qualcuno cade in ginocchio ed invoca pietà.
E' allora che il morto punta il dito contro i 7 e dice: "Chi fa soffrire un innocente senza ragione e non ha compassione delle disgrazie altrui, non merita misericordia e pietà. Voi siete la eprsonificazione dei sette peccati. Sia salvo il bambino che è l'innocenza, sia salvo il cane che è la fedeltà!" E puntando l'indice scarno nomina ad uno ad uno questi peccati e ad ogni peccato uno dei 7 cade a terra morto.Alla fine attorno al tavolo restano solo 7 cadaveri senza vita... Sette morti, vittime della loro stessa durezza di cuore.


*Casòn: i casoni sono le tipiche rimesse per la pesca delle lagune venete. Di solito riconoscibili per il tetto conico fatto di canne.