martedì, luglio 24, 2007

Storie e misteri di Venezia

Il ponte de le tette








A Venezia, dalle parti di Rialto, esiste un ponte dal nome direi peculiare: il ponte de le tette.


Con precisione esso è situato a San Cassiano, in zona delle Carampane e unisce il sestiere di S.anta Croce con quello di San Polo.


Il nome del ponte in questione non è una casualità, bensì è legato alla storia cinquecentesca della città e, più in generale, al periodo in cui la Controrifoma, dopo il Concilio di Trento, imperversò in tutta Europa. La cosiddetta Controriforma, infatti, voleva essere per così dire la risposta cattolica alla riforma luterana e protestante del Nord-Europa, e aveva come scopo quello di riportare l'Ecclesia di allora su terreni più morigerati e rispettosi di quella che doveva essere la sua vocazione base.











La Controriforma si impose con particolare austerità nella Repubblica della Serenissima, terra in cui i costumi si erano fatti molto liberali nel corso dei secoli -cosa capibile per una città che era, all'epoca, un crogiuolo di gente che andava e veniva da e per tutto il Mediterraneo.


Nello specifico, si narra, che all'epoca il problema principe di Venezia fosse la sodomia. un problema sentito al punto che, per ordinanza dogale, le prostitute furono obbligate a concentrarsi in una zona ben definita della città -appunto attorno a quel ponte. Inoltre fu fatto obbligo per legge che, per attirare la clientela esse dovessero sedere sulla finestra a seno nudo e con le gambe penzoloni per mostrare tutte le loro grazie, o ancor più, dovessero stare completamente nude davanti alle finestre: il tutto proprio sopra il ponte in questione. Lo scopo era quello di incoraggiare, da un lato, gli uomini ad accedere ad un rapporto "secondo natura", dall'altro esser sicuri che chi si occupava del lavoro più vecchio del mondo (com'è spesso definito) fosse, senz'ombra di dubbio, una donna.





Si narra, infatti, che potessero stare tranquillamente in questi atteggiamenti grazie a un'ordinanza del XV secolo che addirittura le incoraggiava a mostrarsi per attirare i clienti. Questo per distogliere la popolazione maschile da un'ondata di omosessualità che era diventata un problema di stato. Si trovano infatti, tra i fascicoli dei processi più famosi, moltissimi casi contro omosessuali o per violenze "contro natura". Ad esempio, tale Francesco Cercato fu impiccato per sodomia fra le colonne della piazzetta nel 1480 e tale Francesco Fabrizio, prete e poeta, fu decapitato e bruciato nel 1545 per il vizio "inenarrabile".





Comunque sia, sembra che l'omosessualità fosse molto diffusa nella Venezia del Cinquecento, tanto da indurre le prostitute, nel 1511, a inviare una supplica all'allora patriarca Antonio Contarini affinchè facesse qualcosa in merito, perchè sembra non avessero piì clienti. Forse la vera ragione della loro crisi economica era però un'altra: nel 1509 a Venezia esistevano 11.654 cortigiane; con tale abbondanza di offerta sembra più logico pensare che i guadagni pro capite calassero molto.

venerdì, luglio 20, 2007

Misteri e storie di Venezia

San Marco e le sue reliquie


Per i veneziani il 25 aprile è ricorrenza assai più antica dell'attuale festa nazionale. Vi cade infatti il giorno di San Marco, patrono della città.


Storia tramanda che le cui reliquie, che si trovavano in terra islamica ad Alessandria d'Egitto, furono avventurosamente traslate a Venezia nell'anno 828. In parole spiccie si narra che due leggendari mercanti veneziani, Buono da Malamocco e Rustico da Torcello, rubassero le reliquie del santo.
Si tramanda che per trafugare ai Musulmani il prezioso corpo (l'Islam riconosce e venera a sua volta Cristo e i Santi), i due astuti mercanti lo abbiano nascosto sotto una partita di carne di maiale, che passò senza ispezione la dogana a causa del noto disgusto per questa derrata imposto ai seguaci del Profeta.



Va ricordato che in quei tempi (e in parte ancor oggi) le reliquie erano un potente aggregatore sociale; inoltre attiravano pellegrini e contribuivano a innalzare il numero della popolazione nelle città, effetto molto importante per un urbanesimo agli albori che stentava ad affermarsi sulle popolazioni prevalentemente rurali.
Ogni reliquia era quindi bene accetta assieme a chi la recava e quella di San Marco lo fu particolarmente. Si racconta, infatti, che proprio quel Santo, mentre era in vita, avrebbe evangelizzato le genti venete divenendone Patrono ed Emblema sotto forma di leone alato.



Alato, armato di spada e munito di un libro sul quale, in tempo di pace, si poteva leggere la frase Pax Tibi Marce Evangelista Meus (Pace a Te o Marco Mio Evangelista); un libro che veniva minacciosamente chiuso quando la spada, anziché cristianamente discriminare il bene dal male, si arrossava di sangue guerriero. Una statua del Leone con il Libro aperto è presente in tutti i domini che furono della Serenissima, a sancirne il patto di alleanza.
La commemorazione è oggi ridotta al solo 25 aprile, data della morte del Santo, ma ai tempi della Serenissima si festeggiava anche il 31 gennaio (dies translationis corporis) e il 25 giugno, giorno in cui nel 1094 dogante Vitale Falier avvenne il ritrovamento delle reliquie del Santo nella Basilica di S.Marco.

venerdì, luglio 13, 2007

Misteri e storie di Venezia





I Templari ed il Santo Graal





In epoca templare Venezia era uno dei porti più importanti, non solo dal punto di vista commerciale. Infatti, da lì confluivano pellegrini e crociati diretti in Terrasanta e in altri luoghi di pellegrinaggio come Roma e San Giacomo di Compostela.
I rapporti di alleanza tra Templari e veneziani rendevano quanto mai importanti da un punto di vista strategico le precettorie templari a Venezia.
Per non intralciare il commercio della Serenissima Repubblica furono allestite navi solo per il trasporto dei pellegrini. Inoltre Venezia istituì una speciale magistratura e un “Codex Peregrinorum” per tutelare i viandanti e ben 135 ospitali furono attivati a Venezia.



La repubblica di Venezia disponendo di una grande flotta navale era l’unica potenza in grado di fornire le navi per trasportare cavalieri, cavalli e viveri fino la Terrasanta. Fu così che la Serenissima guidata dal Doge Enrico Dandolo divenne la protagonista della IV^ Crociata, indetta da Papa Innocenzo III.
Quando i Crociati giunsero a Venezia fecero le loro richieste. Il doge Enrico Dandolo, dopo aver consultato il Consiglio dei Dieci, approvò il patto e inviò il trattato al Papa Innocenzo III affinché lo ratificasse.
Tuttavia, i veneziani si erano assunti un impegno molto gravoso dal punto di vista economico e i crociati non si erano altrettanto attenuti alle scadenze di pagamento. Ormai i crociati iniziarono a confluire nell’Isola del Lido, Dandolo minacciò di sequestrarli fino al pagamento del debito, ma non fu sufficiente per recuperare la somma di denaro. Fu così che il doge propose, appoggiato dai crociati, di recuperare Zara e altri territori dell’Adriatico, da tempo contese dai re d’Ungheria.



L’8 ottobre 1202 la flotta salpò alla volta di Zara, ma prima riconquistò Trieste, Muggia e Umago. Arrivati a Zara dopo cinque giorni di resistenza la città dovette arrendersi. Questo costò ai veneziani la scomunica da parte del papa. La flotta ripartirà alla volta di Costantinopoli.
Il 12 aprile 1204 i crociati presero d’assalto la città, ed elessero imperatore Baldovino IX delle Fiandre. Per tre giorni la città verrà incendiata e saccheggiata, molti tesori e reliquie verranno portati in occidente, ai veneziani spetterà più di un terzo della città, ma costerà la vita al doge Enrico Dandolo che sarà sepolto presso la Chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli.






Tra i vari tesori e le varie reliquie di cui i veneziani fecero incetta a Bisanzio, durante questa IV^ Crociata si ricordano, in particolare i quattro cavalli in rame presenti sulla Basilica di San Marco e che tradizione vuole avessero al posto degli occhi degli splendidi rubini. Si sa ancora che da Costantinopoli sarebbe provenuta la Corona di Spine di Gesù che Luigi IX di Francia riuscì a sottrarre alla città per portarla in Francia, presso la Sainte Chapelle. Si mormora, infine, che anche il Graal, come bottino di quella crociata, volgesse il suo mistico cammino verso Venezia.



La tradizione lo vuole nascosto nel trono di San Pietro, il sedile ove si sarebbe davvero seduto l’Apostolo durante i suoi anni ad Antiochia. Il trono è costituito da una stele funeraria mussulmana e decorato con i versetti del Corano oggi presente nella chiesa di San Pietro in Castello.









Si narra che in qualche maniera poi sarebbe stato trasferito successivamente a Bari, città legata a quella veneta da interessanti tradizioni comuni come il santo Nicola ,di cui due città si spartirono le sacre reliquie. Alcune tradizioni locali, poi, vogliono che nella chiesa di San Barnaba fosse stato seppellito il corpo mummificato di un cavaliere crociato francese dal nome di Nicodemè de Besant-Mesurier, legato alla vicenda della traslazione della mistica coppa ritrovato nella zona nel 1612. In realtà non sono mai stati trovati documenti che parlassero di questo cavaliere.

lunedì, luglio 02, 2007

Storie di Venezia...


Lo sposalizio col mare

Il giorno dell`Ascensione a maggio a Venezia si celebra la Festa de la Sensa. E` una festa di origini antichissime che celebra il matrimonio di Venezia col mare.Una volta era il Doge che, a bordo del Bucintoro (la barca regale), seguito da un corteo d´imbarcazioni, si portava all´imboccatura di porto del Lido; là il Vescovo di Olivolo (Castello) benediceva le acque marine in segno di pace e gratitudine. Al giorno d´oggi la Festa della Sensa continua a sopravvivere seppur in forma minore. Il Sindaco nel giorno dell´Ascensione raggiunge, a bordo della "BIssona Serenissima" usata nel Corteo della Regata Storica, la bocca di porto di San Nicolò al Lido per lanciare, affiancato dalle barche a remi delle Società di Voga veneziane, la vera d´oro che ancor oggi simboleggia l´eterna unione tra Venezia e il Mare.


La Festa della Sensa commemora due vittorie veneziane, lontane una dall`altra di quasi due secoli: una navale ed una diplomatica, comunque legate tra loro.
La prima risale all`impresa del Doge Pietro Orseolo II , partito il 9 maggio dell`anno 1000 , giorno dell`Ascensione, in aiuto delle popolazioni della Dalmazia minacciate dagli Slavi. Questo è l`inizio del lento cammino intrapreso da Venezia per il dominio del Mare Adriatico, al quale tendeva fin dalle sue origini non tanto per motivi di conquista, quanto per ragioni di vita. L`arresto dell` espansione slava permise alla Repubblica di giungere questo suo obiettivo ed il possesso territoriale diventa ormai superfluo, tanto che le città dalmate danno ormai blandi tributi, regolati secondo le proprie risorse naturali ed economiche.
A ricordo dell`ardua impresa si dà inizio alla celebrazione della Festa della Sensa, limitata alla sola benedizione del Mare: è un rito esclusivamente propiziatorio, dal cerimoniale semplice e modesto.


Quest`ultimo diviene più complesso e sfarzoso quando con la stessa festa si ricorda l`altra vittoria veneziana, quella diplomatica. Siamo ora nell`anno 1177, le due massime autorità europee firmano a Venezia la pace che pone fine alla secolare lotta tra Papato e Impero: mediatore tra Papa Alessandro III e Federico Barbarossa è il doge Sebastiano Ziani.
Il Papa riconoscente ai veneziani, colma la città di doni e consegna al Doge Ziani un anello benedetto pronunciando le parole: " Ricevilo in pegno della sovranità che Voi ed i successori Vostri avrete perpetuamente sul Mare" e, secondo alcuni letterati del tempo, si precisava anche un invito a nozze "... lo sposasse lo Mar si come l`omo sposa la dona per esser so signor" . E così l`iniziale visita al mare e la sua benedizione si trasformano in un atto di investitura e di possesso: ormai il dominio veneziano dell`Adriatico è riconosciuto dalle due massime potenze europee del tempo. Da allora il giorno de la Sensa viene gettata la vera d`oro al mare a sancire lo sposalizio benedetto dal Papa.


Inoltre Papa Alessandro III concesse indulgenze a tutti coloro che avessero visitato la Basilica di San Marco negli otto giorni dopo la Festa della Sensa. Questo fatto portò in citta` una folla da ogni dove, tanto che la Repubblica, con mossa accorta ed intelligente, decise fin dal 1180 di istituire una fiera campionaria dove venivano esposti i prodotti del migliore artigianato locale insieme alle pregiate merci d`Oriente, e proprio per l`importanza economico-sociale che la fiera racchiudeva in sè, si scelse come luogo d`esposizione lo spazio prestigioso di Piazza San Marco. Quando si dice che i veneziani c`hanno il commercio nel sangue!


All’inizio le merci erano esposte in baracche di legno riparate da tende; dal 1307 si decide di chiudere l’esposizione in una specie di recinto del quale si occupa lo stesso Sansovino nel 1534. Nel 1777 il recinto è trasformato dall’architetto Bernardino Maccaruzzi in un grande edificio di legno a forma ellittica, diviso in quattro settori, a doppio porticato: nel porticato interno, al riparo dalle intemperie, le merci più rare e fini, in quello esterno i prodotti dell’artigianato minore. Questa costruzione era ammirata in modo particolare per la praticità del montaggio, scomponibile in tre giorni e ricostruibile in cinque; ma le sue colonne, rivestite di carta e dipinte a simulare il marmo, suggeriscono al popolo questo epigramma: "Archi de legno e colonnami in carta, idee de Roma e povertà de Sparta".