domenica, ottobre 28, 2007


Leggende della Laguna
La botte di Sant`Albano

Per questa storia siamo a Murano, nella Basilica veneto-bizantina dei Santi Maria e Donato. La tradizione popolare vuole che la sua origine sia legata ad un voto fatto da Ottone I il Grande, quando implorava il cielo di scampare ad una tremenda burrasca che sorprese in mare il naviglio su cui navigava.La leggenda narra che fu edidicata tra il 950 e il 957, in un campo di gigli rossi.
Dando le spalle al portone d`entrata e guardando la parete della navata centrale che sovrasta il colonnato di sinistra, si noterà un leone di San Marco accompagnato da due stemmi e da un oggetto bizzarro: una piccola botte, nota anche come "El botasso de Sant`Alban".


La leggenda racconta che la botticella fose reliquia appartenente agli abitani dell`isola di Burano (buranei) e che da costoro fosse custodita con ogni cura. Questa botte, infatti, aveva una peculiare caratteristica: posta a lato delle reliquie di Sant`Albano, giunte in laguna nel 1067, ess non smettesse di spillare vino.I muranei erano, si può ben capire, invidiosissimi di questa fortuna capitata ai "vicini d`isola". Burano e Murano, infatti, vivono da sempre una rivalità che si può ben dire abbia radici molto lontane nel tempo.Fu, dunque, assemblato in quel di Murano una sorta di banda d`incursione che, nottetempo, sottrasse la celebre botticella ai buranei, ben decisi a godere loro di quanto la botticella spargeva.

Tuttavia, una volta sbarcati a Murano, ci si accorse subito che la piccola botte non aveva più alcuna intenzione di spillare alcunchè. Nè i muranei ebbero sufficiente tempo per pensare come si poteva forzare la miracolosa botticella a fare il proprio lavoro, che già, armate le barche ed imbracciati i remi, i buranei stavano giungendo alle porte di Murano per reclamare il maltolto.
"Non ne godiamo noi? Non ne godrete nemmeno voi!" fu il pensiero dei muranei che, servendosi si una scala, murarono la piccola botte nella basilica, lavvode sulla parete ne è disegnata l`effige. Invitarono quindi i buranei ad andaserla a prendere se ci tenevano tanto.

NB. dietro l`altare di questa chiesa si può ammirare un`altra reliquia molto singolare. Si narra, infatti che Donato sconfiggesse con un solo segno di croce un gran Drago. I resti mortali della terribile creatura, da allora, riposano appunto dietro l`altare della basilica: si tratterebbe di alcune costole e dei resti di un gigantesco dente.

domenica, ottobre 21, 2007

Leggende della Laguna





El Gato de Ciòsa











Da sempre la borghesia e la nobiltà (sebbene decaduta)veneziana, un po’ con la puzza sotto il naso, hanno la tendenza a trattare dall’alto in basso i poveri cristi che non hanno ascendenze cittadine, sottointeso veneziane. Particolari sfottò sono stati riservati, durante gli anni, agli abitanti di Chioggia, città lagunare che una rivalità lunga secoli oppone a Venezia.



Il più famoso è quello relativo al “gato de Ciosa” (gatto di Chioggia), come viene ancora chiamato il piccolo leone marciano posto sulla colonna proprio in riva alla laguna, nella Piazza Vigo, al quale questi perdigiorno veneziani portavano, per dileggio, le lische di pesce per poi scappare in velocità, con le barche sulle quali erano arrivati, inseguiti da arrabbiati chioggiotti.

Leone in attesa


In realtà la storia del Gato de Ciòsa è un poco contesa, esistono almeno due versioni (una veneziana e una chioggiotta, ovviamente) sull'origine del micio. Secondo la versione chioggiotta, infatti, la cittadina del sud della laguna era da sempre in contesa con Venezia, ma come in tutte le città venete dominate dalla Serenissima non poteva mancare l'emblema della Repubblica: il leone. Solo che i chioggiotti, in scherno ai dominatori, realizzarono la statua con le sembianze di un gatto: el gato de Ciòsa domina ancora oggi a Vigo, alla fine di Corso del Popolo, dove ci si può imbarcare per la lunghissima Isola di Pellestrina. Nonostante ciò è poco salutare farsi sentir da un chioggiotto chiamar "Gatto" il loro leone...



I Veneziani, giustamente, raccontano un'altra storia.



Si narra, infatti, che un giorno un gatto veneziano, stanco di subire le angherie dei leoni alati di San Marco, scappasse a Chioggia inseguito da quattro di quei leoni. Il gatto fuggì fino ad arrampicarsi nell'unico luogo in cui potesse esser salvo: la colonna in piazza Vigo. Infatti la colonna era così alta ed il capitello in cima così piccino, che i leoni non riuscivano a raggiungerlo per agguantarlo, nonostante le ali.Fu così che i leoni si sedettero al limitar del ponte Vigo, aspettando che il gatto scendesse. Tanto attesero che perdettero le ali e si fecero di pietra, come ancor oggi si può ben vedere.

lunedì, ottobre 15, 2007

Storie della Laguna e di Venezia


Un 2 di novembre a Chioggia

Per la storia di oggi ci spostiamo decisamente nella propaggine più meridionale della laguna veneta: Chioggia, un piccolo paese di pescatori.

Era un 2 novembre di tanti anni fa e stava albeggiando. Il cielo si schiariva progressivamente di quella luce pallida che colorano il principiar del giorno nei mesi di metà autunno. Un pescatore stava andando alla sua barca per sistemare il pesce da vendere al mercato. Era sereno: la notte di Ognissanti e quella dei Morti eran passate, e con loro le tetre inquietudini e i lugubri racconti che vi si narravano.


Camminava di buona lena per le calli di Chioggia, quando il suo andare fu interrotto da un singhiozzare sommesso. Corrucciò la fronte e si mise in ascolto, fermandosi, per esser certo di quel che udiva. Sì! Qualcuno piangeva. Voltò, quindi, l`angolo per accertarsi di chi fosse costui e trovò, davanti al capitello della Madonna, un bimbo sconosciuto in paese, un bimbo che il pescatore non aveva mai visto. Il piccolo stava piangendo davanti al capitello votivo.

Il pescatore si fermò, lo guardò e con voce pietosa domandò: "Che hai bambino, perchè piangi?" Il Bimbo non rispose e continuò a singhiozzare. "Vuoi che ti accompagno a casa dalla mamma?" chiese allora il buon pescatore. Di nuovo il bimbo non rispose, ma si asciugò gli occhi eallungo la mano a prender quella che il pescatore gli offriva. In silenzio, poi, si diresse con lui verso il ponte di Vigo.

Quando furono sul ponte, mentre camminavano, il pescatore avvertì la stretta del bambino farsi sempre più forte, che quasi gli faceva male la mano. "Hey bambino..che fai?" Nessuna risposta, le strade erano ancora deserte e la manina del bimbo si serrava sempre più stretta fino a far veramente male. Il pescatore guardò allora il bambino, che, con forza quasi sovrumana, lo stava trascinando giù dal ponte e giù per quegli scalini che, a margine delle fondamenta, consentono una più agile discesa alle barche. Il bambino aveva gli occhi quasi del tutto bianchi, uno sguardo che faceva rabbrividire il pescatore, mentre continuava ad esser trascinato verso l`acqua.

Già l`acqua, discendendo gli scalini viscidi di alghe, arrivava alle caviglie dell`uomo, che cercava d`indietreggiare e di liberarsi inutilmente da quella stretta poderosa e da quella forza, impensabile in un bimbo, che lo strascinava giù; quando, da una chiesa vicina, si udirono suonar le campane della prima messa.

La mano del bimbo si slacciò allora da quella del pescatore. Il piccolo volse allora i suoi occhi di spirito sul povero malcapitato e con voce sepolcrale gli disse: "Anima vivente, sei stato fortunato: se non fossero suonate le campane, l`acqua della laguna sarebbe stata la tua tomba." Fu allora che il pescatore, fissando drittamente quegli occhi ed udendo quella voce d`oltretomba, realizzò di trovarsi al cospetto di un`anima del Purgatorio, indietreggiò di pochi passi, fin a ritornare sulla fondamenta e lì, per lo sgomento, svenne.

Si riprese soccorso da alcuni passanti che, andando alla Santa messa, lo videro svenuto nel mezzo della fondamenta, e a loro narrò la sua trista avventura.
Da quella volta, però, si guardò bene dall`andar a lavorare nel giorno dei morti, preferendo rimaner a casa a pregar per i defunti.

giovedì, ottobre 11, 2007

Misteri e leggende della Laguna veneziana





...Ancora sulla Viglia del Giorno dei Morti








Era la notte precedente il giorno dei Morti, il 2 novembre, e due vecchi pescatori si trovarono ancora intenti in laguna ad armeggiar con le loro reti.Essendo alla vigilia di un giorno santo e anche per via delle molte leggende che raccontavano le truci punizioni occorse ai trasgressori dell`antica usanza, decisero di riporre le reti e rincasare prima di mezzanotte. Così alle undici di notte, concitati e frettolosi cominciarono a ritirare le lenze in barca.



Uno dei due sentì una lenza molto pesante. Cominciò a trarla in barca molto lentamente, onde si spezzasse la lenza e andasse perso anche quello che prometteva di essere un lauto bottino. Immaginatevi però la sorpresa quando, alltro capo del filo, vide riemergere dall`acqua il coperchio di una cassa da morto.
Impauriti e avviliti per l`accaduto, i due rinunciarono a rigettare in laguna il macabro ritrovamente, anche un po` per superstizione, e lo sistemarono in via provvisoria sulla prua della barca.



Maneggiando il coperchio della bara, però, s`accorgero che aggrappato sul retro c`era un enorme polpo di dimensioni enormi, come non se ne erano mai visti. Si rallegrarono al pensiero che la loro pesca non fosse stata del tutto infruttuosa e si misero ai remi per tornar verso casa.
Ad un certo punto il più anziano, spossato dalla fatica, si distese sul fondo della barca per schiacciare un pisolino, lasciando ambo i remi al compagno. Non fosse che fu svegliato di soprassalto dal polpo che gli si era avvinghiato con i tentacoli al viso, rischiando di soffocarlo. Il mostro tentacoluto fu staccato e riposto velocemente a prua, all`interno della barca, ma da lì, di nuovo, mosse i tentacoli verso l`uomo aggrappandosi, misterosamente, al collo e al viso dell`uomo più volte.



Scossi ed intimporiti, gli anziani pescatori giunti al porto, non esitarono a raccontare ai più giovani, incontrati sulla riva, l`inquietante avventura vissuta. Questi, incuriositi, presero il polpo tra le mani e, sentendolo rigido e stranamente rigonfio, lo tagliarono a mezzo. Lo stupore fu generale quando, dalla testa del polipo saltò fuori... un teschio umano.



Un ammonimento che veniva direttamente dalle anime, affinchè venisse rispettato il giorno a loro dedicato.

sabato, ottobre 06, 2007

Storie della laguna e di Venezia





Mai pescare in certe notti

La Laguna Sud è, da sempre, un luogo in cui s`incontrano nei loro bragozzi i pescatori di venzia e quelli di Chioggia. Ogni giorno, all`imbrunire, da secoli, i pescatori escono a sfidare le onde in cui il sale si mescola all`alcqua dolce, per portare un po` di pesce a riva, per l`alba del giorno a seguire... Tutti i giorni e tutte le notti, là, tra le valli da pesca ed i casoni (piccoli capanni di canne dispersi nelle piccole zolle di terra dimentacata che emergono sporadici tra le acque lagunari)...



...Tutti i giorni e tutte le notti... tranne DUE...



Non si troverà, infatti, in tutta Venezia o in tutta Chioggia un solo pescatore disposto ad uscire a pescare nella notte di Ognissanti o in quella dei Morti.Se altrove, nel mondo, la notte tra il 31 di ottobre ed il primo di novembre è notte dedicata alla festa per esorcizzare le paure degli uomini, nella laguna è usanza stare ben chiusi in casa, con la propria famiglia, se ci si tiene alla barca e alla vita.



Sibili, rumori, voci, urla, sussurri: le acque della laguna, durante la notte degli spiriti, si animano di ombre misteriose, inquiete presenze e, qualcuno dice, lugubri processioni di lumini a pelo d`acqua.




Quella sera di Ognissanti, di almeno due secoli fa, c`era una fitta nebbia che appesantiva l`aria delle valli, come una grigia coperta posatasi in reve silenzio sopra le acque pescose. Erano due fratelli e se ne infischiavano delle leggende di fantasmi, di demoni e di diavoli: decisero di uscire in laguna a calare i cogòi, le tipiche reti ad imbuti.Calate le reti andarono a ripararsi presso il casòn d`un loro amicio ed ivi, si sedettero tranquilli ad attendere, ed accesero le loro pipe...



All`improvviso, nonostante la nebbia, sentirono dei tuoni rombare nella notte e, subito dopo, uno scroscio di pioggia violento. "Bene! -disse ottimista uno dei due- chissà quanto pesce prenderemo!"Così attesero un`oretta ed uscirono alla pioggia. Salirono in barca e andarono a controllare le loro reti. Con grande meraviglia le scoprirono completamente vuote; pensarono d`aver agito con far precipitoso e se ne tornarno al casòn.



Erano talmente fradici che si tolsero i giacconi e si avvicinarono al fuoco per riscaldarsi.Uscirono di nuovo a notte inoltrata e tornarono nella barca a controllar i cogòi. Ancora nulla, dentro le loro reti neppure un piccolo gambero. Uno dei due allora fu colto dal sospetto: "Sai cosa penso? Che non stiamo pescando nulla perchè è la notte dei santi..." L`altro fratello rise beffardamente.



Tornarono dunque a scaldarsi al casòn quando, ad un tratto, da sotto la porta filtrò una strana luce vibrante. Uno dei due andò a guardare e tra gli interstizi delle canne, di cui era composta la porta, vide due torce accese nel buio. Si fece coraggio ed aprì la porta... Dietro le due torce non v`era altro che un`ombra enorme di cui i fuochi parevan esser gli occhi brucianti...



Si narra che i due fratelli tentarono la fuga, ma l`indomani mattina furon trovati morti sulla soglia del casòn, agghiacciati e rigidi, con gli occhi sbarrati. La punizione per esser usciti a pescare la notte dei Santi.

giovedì, settembre 27, 2007

Misteri e Storie della Laguna





Un`anima venduta



Si dice che la storia prese il suo corso tra la fine del 1800 e l`inizio del 1900, quando i traghetti, a Venezia, non erano a motore, ma ancora governati da infaticabili uomini.
Costui, il cui nome è andato perso attraverso lo scorrere del tempo, non era più giovane ed oramai gli sembravano secoli dacchè aveva cominciato a òlavorare come traghettatore: su e giù da Burano a Treporti, d`estate e d`inverno, con a nebbia e con il sole, a far forza sul remo.Logorato e stanco del proprio lavoro, diverse volte i suoi passeggeri gli avevano sentito dire che avrebbe fatto qualsiasi cosa per cambiar vita, anche vender l`anima.
Accadde che in una mattina di nebbia, deserta di passeggeri, salisse sul traghetto un uomo compito, vestito tutto di nero e molto elegante che s`accostò al traghettatore e con voce molto cortese disse: "Sono venuto a rammentarla la sua richiesta""Quale?" ribattè perplesso il traghettatore. "Quella di vender l`anima financo al diavolo per di cambiar vita..."







Lì per lì il traghettatore pensò ad uno scherzo di cattivo gusto e inquieto cominciò a negare di aver mai fatto una simile richiesta. L`uomo in nero non battè ciglio, anzi cominciò ad elencare con far molto puntuale e professionale tutti i vantagggi a cui l`uomo sarebbe andato incontro, cambiando vita. Tanto che alla fine, il traghettatore si convinse pensando che se l`uomo in nero fosse stato un cialtrone non sarebbe cambiato nulla, ma se diceva il vero... magari qualcosa sarebbe davvero cambiato e, con quel lavoro, non aveva nulla da perdere. Firmò la pergamena, il contratto che l`uomo in nero gli porgeva.



Di lì a pocho tempo la sua vita cominciò a mutar registro: alcuni piccoli investimenti cominciarono a fruttare, tanto che gli permisero di smettere quel lavoro e rilevare la barca su cui per tanti anni aveva fatto da tragettatore, assumendo un giovane al posto suo. Cambiò professione, comprò dei terreni, cominciò a prestar soldi a tassi d`usura.Divenne ricco e pur, man mano che il tempo scorrev, diventava sempre più solo: perse gli amici, i parenti si allontanarono, disconoscendo in lui l`usuraio che era diventato.



Passarono gli anni, al punto che dimenticò il giorno in cui ebbe firmato il suo diabolico contratto. Contratto di cui mai, comunque, aveva fatto parola con alcuno.



Un giorno il giovane che aveva assunto come traghettatore cadde malato e, così, un po` per nostalgia, un po` per non perder denari, l`uomo si rimise al remo. Era un giorno di inizio autunno. Lavorò fino al tramonto. Quando, giunto a Burano, nella nebbia crescente, stava per smettere il turno, un uomo distinto, vestito di nero, chiese d`esser portato a Treporti.
Il vecchio traghettatore cominciò a remare, mentre la sera nebbiosa e scura stendeva il suo velo sulla laguna. Durante il viaggio non una parola, fu solo a destinazione che il distinto signore sibilò: "Sono venuto a ricordarle una cosa..." tendendogli una vecchia pergamena consunta dal tempo su cui troneggiava la firma sanguigna del vecchio traghettatore.



Il traghettatore non capì subito, ma non ci volle molto quando da sotto i pantaloni eleganti del signore in nero spuntarono gli zoccoli da caprone, e non ebbe che il tempo di fissare gli occhi propri in quelli del diavolo... ma non aveva altra anima da raccomandare che la propria.
Il giorno dopo fu ritrovata, portata alla deriva, la barca vuota: dell`uomo nessuna traccia. Tuttavia una stranezza: sul legno, verso la prua, incise a fuoco sul camminamento le impronte di due zoccoli. Si dice che il pezzo di legno marchiato sia ancora conservato in una chiesa di Venezia... ma la memoria ha smarrito il ricordo di quale essa sia.

martedì, luglio 24, 2007

Storie e misteri di Venezia

Il ponte de le tette








A Venezia, dalle parti di Rialto, esiste un ponte dal nome direi peculiare: il ponte de le tette.


Con precisione esso è situato a San Cassiano, in zona delle Carampane e unisce il sestiere di S.anta Croce con quello di San Polo.


Il nome del ponte in questione non è una casualità, bensì è legato alla storia cinquecentesca della città e, più in generale, al periodo in cui la Controrifoma, dopo il Concilio di Trento, imperversò in tutta Europa. La cosiddetta Controriforma, infatti, voleva essere per così dire la risposta cattolica alla riforma luterana e protestante del Nord-Europa, e aveva come scopo quello di riportare l'Ecclesia di allora su terreni più morigerati e rispettosi di quella che doveva essere la sua vocazione base.











La Controriforma si impose con particolare austerità nella Repubblica della Serenissima, terra in cui i costumi si erano fatti molto liberali nel corso dei secoli -cosa capibile per una città che era, all'epoca, un crogiuolo di gente che andava e veniva da e per tutto il Mediterraneo.


Nello specifico, si narra, che all'epoca il problema principe di Venezia fosse la sodomia. un problema sentito al punto che, per ordinanza dogale, le prostitute furono obbligate a concentrarsi in una zona ben definita della città -appunto attorno a quel ponte. Inoltre fu fatto obbligo per legge che, per attirare la clientela esse dovessero sedere sulla finestra a seno nudo e con le gambe penzoloni per mostrare tutte le loro grazie, o ancor più, dovessero stare completamente nude davanti alle finestre: il tutto proprio sopra il ponte in questione. Lo scopo era quello di incoraggiare, da un lato, gli uomini ad accedere ad un rapporto "secondo natura", dall'altro esser sicuri che chi si occupava del lavoro più vecchio del mondo (com'è spesso definito) fosse, senz'ombra di dubbio, una donna.





Si narra, infatti, che potessero stare tranquillamente in questi atteggiamenti grazie a un'ordinanza del XV secolo che addirittura le incoraggiava a mostrarsi per attirare i clienti. Questo per distogliere la popolazione maschile da un'ondata di omosessualità che era diventata un problema di stato. Si trovano infatti, tra i fascicoli dei processi più famosi, moltissimi casi contro omosessuali o per violenze "contro natura". Ad esempio, tale Francesco Cercato fu impiccato per sodomia fra le colonne della piazzetta nel 1480 e tale Francesco Fabrizio, prete e poeta, fu decapitato e bruciato nel 1545 per il vizio "inenarrabile".





Comunque sia, sembra che l'omosessualità fosse molto diffusa nella Venezia del Cinquecento, tanto da indurre le prostitute, nel 1511, a inviare una supplica all'allora patriarca Antonio Contarini affinchè facesse qualcosa in merito, perchè sembra non avessero piì clienti. Forse la vera ragione della loro crisi economica era però un'altra: nel 1509 a Venezia esistevano 11.654 cortigiane; con tale abbondanza di offerta sembra più logico pensare che i guadagni pro capite calassero molto.